Ombre d’autunno

imagesDue linee parallele color terra tra i campi al confine del paese, la carreggiata erbosa solcata dalle ruote ferrate dei carri trainati dai buoi ora è un nastro grigio d’asfalto fiancheggiato dalle tinte cromatiche che segnano il mutare delle stagioni: verde, giallo, marrone in tutte le sfumature per dare luce a fieno, grano, colza, mais e soja, impenetrabili labirinti, rifugio per lepri e fagiani.

Camminano nel malinconico pomeriggio autunnale, uno accanto all’altro due vecchi, soli con se stessi.

Anche le rondini sui fili della corrente elettrica si accostano l’una all’altra come parole scritte sulle righe di un quaderno; come atleti sui blocchi di partenza attendono il via dello starter, pronte per punteggiare di nero i fiammeggianti cieli della sera d’ottobre.

-Come fanno a sapere quando è il momento di partire?-.

-Il tempo sta avanzando a un ritmo diverso, tutto cambia, tutto passa.

È tempo di andare, uno alla volta anche i nostri amici ci stanno lasciando-.

– Io sono ancora qui, non ho intenzione di partire-.

-E io non sono sola mentre sei accanto a me, non ho paura per il tempo che ci rimane da vivere. Quando incrocio lo sguardo delle persone più giovani mi sento inchiodata a un destino che non ha domani, ma pur se la mia vista è debole non ho dimenticato il colore dei tuoi occhi perché sento che mi guardano nel modo più dolce-.

Col passar del tempo l’amore diventa sempre più freddo e muore se si smette di amare , se ne va come gli uccelli della sera che non fanno più ritorno perché hanno dimenticato i luoghi dove hanno vissuto felici.

Loro invece come gli scriccioli continuano a saltellare tra i rami anche nelle giornate più fredde d’inverno. Un concentrato d’amore quanto basta per rincorrere i sogni, quando era talmente forte da farli piangere e i loro cuori potevano volare senza ali.

-Dove sono finiti i bei tempi!. Dimmi che ti ricordi, che ricordi quelle belle canzoni, i momenti d’amore rubati, le domeniche passate a letto, i lunedì mattina che arrivavano troppo in fretta, le folli estati che pensavamo non sarebbero mai finite.

-Alcune cose non sono destinate a durare, non è strano come adesso ci manchi il passato?.

Il vecchio entra nel campo, sposta con i piedi alcuni cartocci di foglie ingiallite, rimasti dopo il passaggio della trebbiatrice:

-Quando le raccoglievamo a mano non ne rimaneva una sul terreno, se ci fossero ancora gli spigolatori in pochi minuti riempirebbero il loro sacco- si abbassa raccoglie una pannocchia comincia a sgranarla con le grosse mani:

-La vita non ci appartiene più oramai, i nostri giorni se ne vanno via come questi granelli gialli che cadono a terra. Siamo un peso per la società e questo mi umilia-.

Il palmo della mano della donna chiede una manciata di granoturco:

-Niente va perduto, c’è sempre chi è pronto a raccogliere ciò che abbiamo seminato-.

L’ ampio gesto del braccio, disegna sul campo un ventaglio giallo. I corvi appostati sui gelsi si alzano in volo; come pigmenti neri diluiti a pennellate allungano le ombre, le diverse tonalità di verde delle prealpi uniformate in toni cupi e profondi retrocedono nell’orizzonte settentrionale sullo sfondo del paesaggio lombardo mentre la coppia raggiunge la panchina in pietra sul viale di cipressi che conduce al camposanto.

L’atmosfera e la tranquillità del luogo restituiscono un equilibrio delicato.

Giorno dopo giorno le persone che invecchiano riconoscono sempre meno il corpo nel quale abitano, combattuti dal desiderio di allontanarsi da esso e la voglia di alimentare la fiamma del suo esistere. Sono troppe le cose che non riescono più a fare come prima, le debolezze si sommano man mano sminuendoli sempre più creando un muro invisibile che li separa dagli altri.

-La dedizione con la quale ti prendi cura di me è un filo sottile ma tenace come l’acciaio e mi aiuta ad allontanare paura, rabbia, e inquietudine. L’averti vicina è uno scudo che protegge quel che mi rimane da vivere-.

Lei appoggia la testa sulla spalla di lui, alza una mano e gli accarezza il volto:

-Lasciati andare-.

Si fida delle sue parole, ascolta con lei il linguaggio dell’amore che il corpo ancora sa parlare. L’orologio segna il tempo ma la fiamma arde ancora. I sorrisi si sovrappongono nel bacio. Una vertigine di emozioni, la possibilità di sorprendersi di fronte al desiderio che non tramonta riveste il pudore di fantasia, sono in sintonia. Il respiro cambia ritmo e diventa via via più veloce, così come il cuore e la pressione del sangue.

Il sole è affondato a occidente, un raggio di vitalità entra nella scena penetrando le tenebre calate dalla paura di perdersi.

-Portami a casa-.

-Sì, sì, andiamo a casa-.

Si incamminano verso uno spazio vuoto da riempire. L’inchiostro tinge il cielo della notte.