Fruit tree

Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo”

“Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. 
Un gesto come questo si prepara nel silenzio del cuore, allo stesso modo che una grande opera. L’uomo stesso lo ignora; ma, una sera, si spara o si annega,raramente ci si uccide per riflessione. Ciò che scatena la crisi è quasi sempre incontrollabile. 
Ma se è difficile fissare l’istante preciso, il sottile processo per cui lo spirito ha puntato sulla morte, è più facile trarre dal gesto stesso le conseguenze che questo presuppone. Uccidersi, in un certo senso, è confessare: confessare che si è superati dalla vita o che non la si è compresa; confessare che non vale la pena. Vivere, naturalmente, non è mai facile. Si continua a fare i gesti che l’esistenza comanda, per molte ragioni, la prima delle quali è l’abitudine. Morire volontariamente presuppone che si sia riconosciuto, anche istintivamente, il carattere inconsistente di tale abitudine, la mancanza di ogni profonda ragione di vivere, l’indole insensata di questa quotidiana agitazione e l’inutilità della sofferenza. Nell’attaccamento di un uomo alla vita vi è qualcosa di più forte di tutte le miserie del mondo. Il giudizio del corpo vale quanto quello dello spirito, e il corpo indietreggia davanti all’annientamento. Noi prendiamo l’abitudine di vivere prima di acquistare quella di pensare. Nella corsa che ci precipita ogni giorno un po’ più verso la morte, il corpo conserva questo irreparabile vantaggio.”                   Albert Camus 

Il suicidio non è filosoficamente e umanamente ammissibile per Camus perché il sopprimere questa vita – l’unica che l’uomo possiede – equivale a un affronto fatto a se stessi, alla propria natura. Un’atroce offesa alla vita. L’”uomo in rivolta” di Camus è Sisifo, dunque, metafora mitologica del destino umano. La sua disperata rassegnazione cosciente nello spingere sopra la montagna il macigno per rivederlo ogni volta rotolare in basso è l’equivalente dell’inquietante calma malinconica di Nick Drake. A Camus, di Sisifo non interessava tanto l’atto della spinta, quanto i pensieri connessi al suo ennesimo ritorno a valle, dove lo attendeva ancora una volta il masso.                       (Luca Ferrari)

“Vedo quell’uomo ridiscendere con passo pesante, ma uguale, verso il tormento del quale non conoscerà la fine. Quest’ora, che è come un respiro, e che ricorre con la stessa sicurezza della sua sciagura, quest’ora è quella della coscienza. In ciascun istante, durante il quale egli lascia la cima e si immerge a poco a poco nelle spelonche degli dèi, egli è superiore al proprio destino. E’ più forte del suo macigno. Se questo mito è tragico è perché il suo eroe è cosciente. In che consisterebbe, infatti, la pena se, ad ogni passo, fosse sostenuto dalla speranza di riuscire?”. 

Il destino della  musica di Nick Drake è un po’ come quello che succede alle radici di quegli alberi che soffocate dalle necessità di una strada asfaltata, erompono poco più in là testimoniando una drammatica volontà di vita.

Albero da frutto

La fama non è che un albero da frutto gravemente malato

non potrà mai fiorire finché il suo fusto rimarrà piantato al suolo.

Per questo grandi uomini non riescono a trovare una strada

finché il tempo non è volato lontano dal giorno della loro morte.

Dimenticato mentre sei qui, ricordato per un po’.

Una rovina così aggiornata di una classe così antiquata.

La vita non è che un ricordo di un tempo molto lontano

un teatro colmo di tristezza per un lungo spettacolo dimenticato.

Sembra così facile lasciar stare e andare avanti

finché non ti fermi e pensi perché non ci hai mai pensato.

Al riparo di una notte senza fine

scopri che dal buio può nascere la luce più intensa

al riparo nel tuo posto sotto terra.

Allora sapranno che valevi.

Albero da frutto, albero da frutto

nessuno ti conosce, solo la pioggia e l’aria

non preoccuparti si fermeranno ad ammirarti quando te ne sarai andato.

Albero da frutto, albero da frutto

apri i tuoi occhi a un nuovo anno

loro tutti sapranno che eri qui quando te ne sarai andato.

Una successione di note espressive, un intarsio di chitarra introduce Fruit tree , il capolavoro che riassume lo stile di Drake. Fa rabbividire la tristezza del messaggio presagio che regala vertici insuperati di lirismo, dolente come un bacio mai dato, angosciante come il non saper ritrovare la strada in una notte di nebbia novembrina. E’ come se Nick conoscesse già il suo destino e fosse al corrente della sua fine precoce, accettandola di buon grado. Una confessione autentica, che ha pochi altri esempi nella storia della musica.

River man

Nick Drake è una sorta di inarrivabile “mostro sacro”. Innanzitutto è stato uno dei primissimi a sperimentare accordature alternative: praticamente accordava la chitarra in maniera differente per ogni pezzo. Tali accordature erano del tutto inventate, cioè non aderenti alle tipiche ed usate accordature aperte. In pratica, Drake accordava la chitarra a piacere a seconda delle esigenze del pezzo che suonava senza seguire nessun canone preciso. La precisione del suo arpeggio è qualcosa di decisamente incredibile. Anche qui il suo finger- picking grazie anche alle accordature sopracitate, esce dai canoni normali. Drake era capace di estrapolare sonorità mai raggiunte per l’epoca dalla sua chitarra proprio perché non seguiva una sequenza ripetuta nei suoi arpeggi, bensì usava la chitarra quasi come un pianoforte, coniugando accompagnamento e melodia. Drake non si poteva definire un “animale da palcoscenico” anzi, si limitava a sedersi e a sussurrare le sue canzoni guardando per terra, mentre il pubblico beveva, parlava ad alta voce e faceva rumore ignorando la sua musica.

Vi propongo di ascoltare questo brano in un modo speciale :

Cliccate sul primo video e dopo 3/4 secondi sul secondo e ascoltate questa

m  a  g  i  a .

L’uomo del fiume

Betty avanzava sulla sua strada

disse che aveva qualcosa dire

riguardo le cose di oggi

e le foglie cadute.

Disse che non aveva sentito le notizie

che non aveva avuto tempo di scegliere

quale via abbandonare.

Andrò a trovare l’uomo del fiume

gli dirò tutto quello che posso

riguardo il piano per il tempo del lillà.

Se mi dice tutto quello che sa

sul modo in cui il suo fiume scorre

e tutta la notte si mostra in estate.

Betty disse che aveva pregato

perché il cielo la facesse volare via

o forse perché rimanesse.

Non era sicura.

Perché quando pensò alla pioggia estiva

invocando ancora la sua mente

lei non sentì più dolore

e rimase più a lungo.

Andrò a trovare l’uomo del fiume

gli dirò tutto quello che posso

riguardo il divieto di essere liberi.

Se mi dice tutto quello che sa

sul modo in cui il suo fiume scorre

io non credo che faccia per me.

Oh, come vengono e vanno via.

Ora ritorni qui in un altro tempo

Ho sete, lasciatemi bere, lasciatemi sorridere, lasciatemi andare.
Il sangue scorre dalla sacca appesa al di sopra della mia testa attraversando l’ago infilato nel mio braccio. In questa parte di vita i problemi e i sogni da realizzare sono diversi da quelli che vivevo prima, mi accontenterei di ritrovare la forza necessaria per alzarmi da questo letto bianco e raggiungere la finestra che si affaccia sull’ignoto.
Il trattamento previsto dall’ associazione dell’acido retinoico alla chemioterapia ha modificato la prognosi della mia malattia che era fino a poco tempo fa considerata come la forma più temibile tra le leucemie e che è invece oggi la più curabile e guaribile. Ho fiducia, lo sento, guarirò. Mi sono fatta rasare i capelli per non vederli cadere, mio marito accarezzandomi la testa ha detto che così sono ancora più bella, proprio come mia madre.
Mamma!
Se ci fossi qui tu ora, sarebbe tutto più facile per me, come quando da bambina ti alzavi di notte per tirarmi fuori dal letto perchè non mi bagnassi dopo quella terribile operazione che ci ha tenute in ospedale per più di un mese. Ti ricordo con la testa sempre curva a cucire per noi gonne e camicette, il vestito della comunione, la prima minigonna e l’abito da sposa, anche quello hai voluto confezionarmelo tu; incontrai la luce gioiosa dei tuoi occhi quando scendendo dall’automobile davanti alla chiesa fui accolta da quell -oooh!- degli invitati.

Il lento stillicidio di piastrine e plasma mi dà vigore e sonnolenza; la mia mente sta lasciando il mio corpo, vorrei lanciarla nel luogo dove si sta bene, come la calotta polare per l’ orso bianco o la sabbia per la volpe del deserto.
Stanno uccidendo il fiume malato delle mie vene per riportarmi alla vita.
Il ghiaccio sta avanzando e il mondo dentro me ha già iniziato a gelare, la luce del sole è smorzata dalle nuvole grige, la mente vaga, il corpo insensibile, morirò per cominciare a vivere. Come un’ombra galleggio su questo stagno. C’è pace tra le montagne. Oltre le nubi il chiarore lunare è un sorriso alle mie lacrime.
Beati sono coloro che sorridono in corpi liberi.
Ci sono momenti nella vita in cui si vorrebbe fissare i ricordi più importanti ed espanderli per invertire la mente e viaggiare indietro nel tempo…

Sto correndo, è interminabile questo corridoio d’ospedale, non ricordo più il numero dell’interno, il piano , qual’è la scala? Ho sbagliato reparto, devo tornare indietro.
La rimozione dell’ematoma al cervello è andata bene, la riporteremo a casa presto, in aprile festeggeremo il 50° anniversario del suo matrimonio. Chissà se l’hanno spostata dalla stanza sterile.
Ecco sto arrivando, non c’è nessun infermiere in giro. Mamma?…
Ha gli occhi sbarrati, suono il campanello, urlo, la scuoto chiamo gli infermieri, accorrono anche i medici.
Rincantucciata dietro il tendone verde assisto all’inutile corsa per riportare in vita il corpo nudo di mia madre; il fiume inarrestabile che straripa dai miei occhi lo inonda.
La vedo galleggiare nel suo vestito di carne.
Una leggera brezza increspa la superficie dello specchio d’acqua tra le montagne.
Abbandonando l’ombra la figura emerge, si stacca dallo stagno; la linea simmetrica che separa la morte dalla vita la porta a mezz’aria nel cielo proprio di fronte a me, al di sopra della mia testa, eccola lì, nuda coi capelli e il suo corpo di ragazza.
Allargo le braccia, mi accoglierà tra le sue, spiegate come ali, si curerà di nuovo di me, percorreremo il sentiero che ci riporterà a casa e lasceremo fuori la tormenta ad urlare come un lupo nella notte.

-Hai lasciato il tuo corpo, ritorna quando vuoi, un altro giorno, per me.-

Il canto della bernarda

Se mai

Il cartoncino bianco di partecipazione alle nozze:


Mi sposo l’ultimo sabato di luglio e tu accanto a me sarai il testimone.


Ti aspettiamo.


Anna

Non le avevo più viste, il loro ricordo era stato sopraffatto dagli avvenimenti dell’età: il diploma, la musica, gli amici, le ragazze.

Le ragazze, eh sì, ne avevo conosciute parecchie in quei tre anni, alcune mi avevano anche fatto perdere la testa ma non mi avevano sbloccato. Dopo il bacio di Marietta non ero più riuscito a baciare nessuna e così dopo avermi tenuto un po’ tra le braccia le ragazze mi mollavano deluse e convinte che non mi importasse molto di loro e quando i miei amici mi prendevano in giro non mi preoccupavo più di tanto, le donne mi piacevano, dovevo solo trovare quella giusta, al momento mi bastava la musica per stare bene .

Fu facile anche per un autista imbranato come me arrivare alla chiesa.

Indossavo una camicia di tela indiana dai toni verdi con qualche filo azzurro e bianco, un paio di calzoni di lino color avorio, mocassini morbidi come guanti, i capelli toccavano le spalle, una leggera peluria appena al di sopra del labbro superiore disegnava i miei primi baffi.

Sul sagrato i miei occhi cercavano tra gli invitati i pochi volti conosciuti.

La Luigia -una bella mamma- dissero tutti, in effetti i suoi non ancora quarant’anni la mostravano in gran forma; non mi piacque il vestito, troppo vistoso, proprio come lei; il suo omino accanto era quasi invisibile.

-La sposa-

Incrociai i suoi occhi illuminati e commossi. Anna. Splendida. Una donna. In quel momento per me la più bella ragazza nel raggio di tutto l’interland milanese; tanto bella che non feci neanche caso al vestito bianco.

Il futuro marito si presentò:

– Mi chiamo come te, Anna vuole che l’accompagni tu all’altare.-

Sul tappeto rosso io e lei; avrei dovuto essere lo sposo invece l’accompagnavo a sposare un altro. Anna lesse nei miei occhi ciò che più di tutto occupava la mia mente in quel momento:

– La nonna ci aspetta in chiesa, sai che lei è un tipo schivo.-

Se non fosse stato per lo sguardo e un sorriso malinconico non avrei riconosciuto Marietta nell’ affascinante poco più che cinquantenne donna seduta in un banco nelle ultime file.

Non era più lei. Senza ombra di dubbio la si poteva scambiare per la madre e non per la nonna, indossava un tubino blu con le spalle coperte da uno scialle in seta beige, le scarpe con un discreto tacco le davano un portamento elegante, un vaporoso chignon incorniciava la bellezza del viso truccato leggermente dalle mani abilissime di Anna.

Al ristorante Anna ci aveva assegnato i posti accanto e così ebbi da lei tutte le informazioni sulla sua vita in città. La nipote le aveva fatto conoscere alcune clienti e così si prendeva cura del giardino di una, passeggiava con un’ altra e con un’altra ancora spesso la domenica andava in montagna per lunghe camminate.

-Tutto sommato non è male la città, vivo tra gli alberi e i fiori e ho trovato buone amicizie, mi manca il bosco dove ho vissuto gran parte della mia vita ma so di aver fatto bene a stare con Anna finché si fosse realizzata. Ora posso anche andarmene.-

-Tornerai a casa? .-

Il cuore che mi stava sobbalzando per la gioia ricevette un colpo mortale quasi una pugnalata:

-No, parto domani, raggiungo mio fratello in Francia e con lui andremo in Australia dove l’altro mio fratello ha fatto fortuna e ci vuole là. Siamo cresciuti dalle stesse radici, i nostri genitori spariti troppo presto, hanno lasciato un buco nella memoria, vorrei provare a riempirlo, alimentare il lumicino dei miei ricordi con l’ossigeno dei loro -.

-Domani l’avessi saputo …-

-Cosa avresti fatto! Dimmi piuttosto tu ce l’hai la ragazza? Sei fidanzato? Hai visto Anna che velocità! Quando penso che te la sei lasciata scappare….–

– Marietta lo sai come la penso e cosa penso di te!-

-Ancora!-

Abbassai gli occhi.

Arrivò Anna a togliermi, a toglierci dall’imbarazzo e trascinandoci nelle danze mi chiese un favore:

-La porti tu domani mattina la nonna alla stazione? Ti fermi a dormire nel mio appartamento. Su mia madre non posso contare non so se hai visto ma non l’ha neanche guardata per tutta la durata del pasto e poi ha deciso di tornare ancora stasera a Novi, io…. alla fine preferisco sia tu a darle l’ultimo saluto. Ho il presentimento che non la rivedrò più e questa cosa mi sta dando l’angoscia proprio in questo giorno che dovrebbe essere il più bello della mia vita .-

L’abbracciai, si unì anche Marietta ci strinse talmente forte come se volesse fonderci in una sola carne.

-Balliamo. –

Bevemmo un po’ quella sera e facemmo festa.

Il bilocale di Anna aveva una sola camera con tanto di letto matrimoniale.
La nonna lanciò in aria le scarpe :

-Oooooh finalmente non ne potevo più di questa tortura-.

-Dove dormo?-

-Qui, nel letto con me hai paura?.

Dammi una mano, a tirar giù la cerniera di questo abito che mi manca il fiato-.

Si sedette a bordo letto. Inginocchiato dietro lei le abbassai lo zip sulla schiena nuda, infilai le dita nelle spalline del vestito e del reggiseno; scivolando dolcemente le mie mani arrivarono giù fino ad accarezzare le coppe del seno, mi soffermai disegnando sulle due punte .

Un sospiro di piacere contenuto.

Marietta corse in bagno ed io spegnendo la luce, in un attimo mi sbarazzai dei pochi indumenti, m’infilai sotto il lenzuolo e affondai la testa sul cuscino.

Il pensiero e il desiderio di quell’attesa mi diedero un leggero torpore quasi un mancamento, mi sembrò che il soffitto roteasse sopra di me, toccavo il cielo, i miei piedi non erano più sulla terra.

La scala, il bosco, il ballo, il bacio, la pozza del lupo, un’immersione da sogno.

Un raggio di luce annunciò l’arrivo del giorno; allungai la mano, Marietta non c’era. La porta del bagno era aperta. Sentendo il gorgoglìo ripetei le parole di Anna bambina:

-Senti il canto della bernarda-.

Una risata soffocata e poi una melodia ummata a bocca chiusa, la musica di Chaplin – Smile- Un delicato esercizio di intonazione, una vibrazione sonora che colloca l’armonia del pensiero sul trono del cuore.

Marietta vestita da viaggio affacciata sulla porta.Io nudo senza un minimo di pudore, raccolsi i miei indumenti sparsi qua e là sul pavimento.

-Passata bene la notte?-

-Un sogno-.

-Vestiti dai, il treno non aspetta-.

La commozione sulla banchina straripava dagli occhi.

-Tornerai?…

Dammi un bacio-.

Appoggiò la mano sulla mia bocca e con voce bassa mi sussurrò le parole della canzone ummata al risveglio:

Se mai ti parlassero di me chi lo

sa se in fondo a te

troverai un sorriso per me

anche se c’é da troppo tempo ormai

il silenzio tra di noi

io ti penso ancora sai

Se caso mai ti parlassero di me

spero che ricorderai

quello che sono stata per te

anche se hai sofferto quanto me

spero che ti riuscirà di sorridere per me

Se mai………….

“Ciascuno è in grado di raggiungere la conoscenza attraverso la prova della verità semplice e grandiosa che si cela dietro di essa”
F       I       N      E

Repent Walpurgis-Fortuna

Blog foto: grammofono1701

8. REPENT WALPURGIS-FORTUNA

Le mie mani scivolando sul cotone felpato accarezzavano i suoi lombi carnosi, i nostri corpi combaciavano come due tessere di puzzle; alla fine del tempo della canzone mi sentivo una bisettrice scagliata come una freccia nell’angolo profondo del suo basso ventre.                          

– Ma che ballo è questo, non ci  siamo spostati nemmeno di un metro? -. 

– È un lento Marietta, lo chiamano anche ballo del mattone. Certo è molto diverso dai vostri valzer. Ti piaceva ballare?-.

– Per la verità ho ballato pochissimo ma mai nessuno mi ha tenuta stretta così-.

– Ma come? e tutti gli uomini che ti hanno avuto tra le braccia ?-.

 Con una leggera spinta di  entrambe le mani sul mio petto si liberò dalla mia presa:

– Quali uomini,mi hai preso per una puttana?-.

– Scusa Marietta ma ero presente quella volta che la Luigia ti ha proprio chiamata così?-.

– Ho avuto solo un uomo in tutta la vita, non sono stata di nessun altro, mia figlia ha continuato per anni ad  insultarmi con quella parola  perchè non le ho mai rivelato il nome dell’uomo che avrebbe dovuto essere suo padre. Non l’ho fatto perchè conoscendo il carattere di quella matta sapevo che avrebbe combinato qualche guaio. È andata come è andata, eravamo giovani non sapevamo quello che stavamo facendo, quando mi sono resa conto di essere incinta ho deciso non dirgli niente.
Lui era di famiglia nobile, viveva  in città; compagno di studi del figlio del Conte della frazione vicina era venuto al paese per cacciare le volpi che in quel periodo avevano fatto stragi nei pollai della zona. Ci siamo incontrati per caso nella riserva di caccia dove mi infilavo tra i reticolati per andare in cerca di funghi e lì è cominciata la nostra relazione. Un bacio, una carezza, un abbraccio e poi…sei abbastanza grande per capire  come è andata a finire.

Poco tempo dopo la sua partenza, nonostante fossi un’ingenua, mi resi conto  del mio stato. Avrei potuto rintracciarlo; una mia amica lavorava come cameriera stagionale in quel palazzo, ma cosa avrei potuto ottenere,  non so se fosse innamorato di me, non era amore il nostro. Passione, una grande passione e attrazione fisica uno verso l’altro.
E poi eravamo troppo giovani, lui soprattutto doveva ancora frequentare l’università, suo padre,  il notaio voleva assolutamente che il figlio seguisse la stessa carriera. Pensai  agli ostacoli che avrei incontrato se glielo avessi detto;  ad un eventuale rifiuto; mi sembrò più facile risolvere tutto da sola,  ero abituata a non avere nessuno che si occupasse di me.Sono stata la prima ragazza madre del paese. Puoi pensare allo scandalo di allora; hanno detto di tutto su di me, per tutti ero una donnaccia; qualcuno per il fatto che ero sempre nei boschi mi chiamava la strega.                                                                                                               Non ho avuto nessun altro uomo, mi sono tenuta la bambina cercando di crescerla al meglio senza farle mancare nulla,  non credere  sia stato facile col carattere di Luigia.                         Anna per fortuna è diversa assomiglia a me.                                                                                  Sei fortunato con una ragazza così!                                                                                                           A proposito, ti sei dichiarato?.                                                                                                               Non ho capito cosa intendesse prima quando mi ha detto di scaldarti.                                        Cosa provi per lei?                                                                                                                 Pensavo fosse tutto molto chiaro tra voi due.-

 Tutt’a un tratto mi assalì quel dolore di chi sente di aver tradito la persona più importante della sua vita, proprio con la persona più importante della sua vita. Mi sentivo come un animale in preda all’ istinto primitivo  e in un certo  qual modo stranamente patetico.                                  Non stavo  ingannando me stesso  affermando che verso Anna  non avevo mai  nutrito un desiderio sessuale.  
Fino ad allora  non mi ero mai immaginato una sola volta la nudità di Anna o un qualsiasi gesto audace verso il suo corpo. I miei desideri le immaginazioni, i sogni, i pensieri sessuali erano stati solo per il corpo di Marietta.                                                         Amavo Anna ma desideravo Marietta.                                                                                            Ma cosa veramente voleva dire quel 
-amavo Anna- che specie di amore era quello.

 – Provo a spiegarti.
Metto ancora un po’ di musica, forse mi viene più facile aprirmi con te.-

Girai l’ellepì e  calai lentamente il braccio del pick-up sull’ultima traccia, la più lunga: Repent Walpurgis, un brano strumentale eseguito interamente con piano e organo, un lentaccio!




             Le  mie mani  sulle sue scapole.
Marietta  con  gli occhi puntati nei miei ascoltò tutta la  confessione: dal canto della bernarda alla  pozza del lupo  e ai  tormenti notturni.           Continuando a ballare lentamente eravamo ritornati alla posizione precedente,  talmente attaccati che  non riuscivo a distinguere se fosse il mio o il suo cuore a battere così forte. Respiravamo allo stesso ritmo.                                                                                               Appoggiai le labbra sulle sue.                                                                                                   Sapore di castagna e lauro.                                                                                                              Una ventata di aria fredda dalla porta spalancata.
 -Ahahahah! Nonna mi hai fregato il ragazzo-. La risata ci trascinò nell’ euforia di Anna  trasformando l’imbarazzo in un momento di gioia liberatoria  per tutti e  due… forse  per tutti e tre.

-Come è stato questo bacio?-

Quella donna che non era più per i miei occhi la nonna di Anna, si rassettò la camicia da notte, mi diede uno scappellotto e disse:

-Vado a dormire, non fare tardi Anna che domani mattina la corriera per Milano è alle sette.- e mentre la  giovane amica prendendomi per mano mi trascinava accanto al fuoco guardai Marietta che chiudendo la porta della  sua stanza mi lasciò con lo  sguardo  di chi ha fatto l’abitudine a rimanere solo.                                                                                                          Anna con  in bocca una castagna:
 – Oh che bel calduccio qui vicino al fuoco. Sono felice,  per tanti anni ho pensato che saresti stato l’uomo della mia vita ma pur volendoti un mondo di bene non sentivo attrazione fisica verso di te e mi sembra di aver capito che anche per  te  sia lo stessa cosa,  e da un po’ di tempo che lo sto pensando e mentre ballavamo ne ho avuto la conferma.
 Noi due non siamo fatti per stare insieme. Il nostro è e sarà…
non so come chiamare questa specie  d’amore,  un qualcosa che  deve continuare  nel tempo al di fuori dei nostri corpi -.


Feci cenno di sì, la pensavo allo stesso modo. Ero dispiaciuto e nello stesso tempo mi sentivo libero e felice. Il senso di colpa che sentivo nei suoi confronti  svanì del tutto quando  continuò dicendo che aveva conosciuto in città un giovane  del quale  si era innamorata ma voleva essere sicura che il sentimento tra noi due non potesse essere di ostacolo. Proprio per questo era venuta in paese e la telefonata poco prima l’aveva fatta a lui per dirgli che anche lei lo amava e sarebbe diventata la sua ragazza.                                                                            Proseguì dicendo che la madre  dopo aver discusso con la nonna aveva deciso di farle vendere la casa; i soldi sarebbero serviti a lei per la casa in  Liguria e una parte per il futuro di  Anna.      – Ieri mi hai detto che Marietta verrebbe con te a Milano se…                                                        – Non… verrebbe, è sicuro, verrà a stabilirsi nel mio appartamentino.-                                               – Non hai mai pensato a come vivrà in città una come lei che ha vissuto quasi tutta la vita tra i castagni e l’erica.  Un giorno  ti sposerai,  quale sarà il suo posto?-

– Voglio troppo bene alla nonna, troveremo la sistemazione migliore. Abbiamo chiacchierato molto la notte passata, pensa che era straconvinta che io e te ci saremmo sposati,  ma ora  ti prego  non angustiarmi con le difficoltà che andrò ad incontrare aiutami a pensare in positivo.- 

-Hai ragione, solo una cosa ancora…
se venderete la casa devo pensare che non ci sarà più nessuna ragione per voi di tornare al paese…non vi rivedrò più?-

– Ma dai, tornerò sempre a fare visita al mio  piccolo- grande cavaliere,voglio continuare a contare su di te e sulla nostra speciale amicizia. Ma dimmi sinceramente ti mancherò più io o la nonna? Alla fine il primo bacio lo hai dato a lei-