Una pagina sul mio primo e per ora unico viaggio a Roma nel novembre del 2009, avrei voluto inviarlo ad un’amica che ha un blog dedicato al fiume pagano ma la mail non ha voluto partire.
Un segno, io credo nei segni, quindi non insisterò per inviarlo e lo propongo agli amici che vengono a visitarmi di volta in volta e qui colgo l’occasione di ringraziarli di tutto il cuore per i loro commenti, per la simpatia e l’affetto nei miei confronti.
Una pagina che vuole essere un personale tributo ad una delle canzoni che più amo di Tim Buckley.
Sono qui per la prima volta a Roma. Porto con me una borsina elegante, ho confezionato un pacchetto di biscotti nostrani, una ricetta gelosamente tramandata nella mia famiglia di fornai, un regalo semplice per un amico virtuale, un blogger che mi ha detto se vieni a Roma passa da me che ti firmo una copia del mio libro. Gli stringerò la mano e diventerà un essere umano in carne ed ossa.
Mi sono conquistato un posto sul parapetto del ponte in fronte a Castel Sant Angelo, i piedi mi fanno male, ho camminato tutto il giorno, il mio cuore batte veloce, ho bisogno di una pausa.
Collassato ai piedi della statua di un angelo bianco infilo gli auricolari dell’ I-pod mentre i miei occhi si perdono sulle acque del fiume che la luce del sole nascosto tra le nuvole di un cielo di novembre colora come il mio primo disegno a tempera in prima media, il verde marcio del Canal Grande a Venezia.
Una struggente ballata, pochi arpeggi di chitarra elettrica, la voce mi rapisce come le sirene ammaliavano i viandanti:
*”Galleggiando a lungo in oceani deserti
ho fatto del mio meglio per sorridere
finchè i tuoi occhi melodiosi e le tue dita
mi attirarono affettuosamente alla tua isola
sono qui sono qui
aspettando di possederti.”
Qualcuno mi tocca sulla spalla. Una bambina sulla via del ponte mi sta parlando col palmo della mano tesa, recita qualcosa in rima, qualcosa imparato a memoria che non sento perché non posso interrompere la voce di Tim Buckley che mi scuote come una foglia su un albero in questo pazzo tempo autunnale e ogni volta che cerco di parlare la mia lingua è legata. Aspetta un attimo bambina dai capelli neri. Il mio dono dai manici di corda intrecciata scivola nella sue mani, una carezza sul volto, mi perdo nei suoi occhi luccicanti.
*“Ho sognato che mi sognavi eri una lepre ed io una volpe la mia barca senza meta si sta arenando il mio cuore è in pena sulle rocce Canto per te non toccarmi ritorna domani il mio cuore é spaventato dal dolore””
Riprende il cammino diritto davanti a lei, passerà sul fiume verde tra bianchi angeli di marmo. Voltati voltati, non diventerai una statua di sale.
Il vento l’avvolge come un mantello e la porta lontano nelle vie della città eterna. Andrò a piedi alla stazione tra i motori delle macchine e i fumi delle marmitte, non mi fermerò a mani vuote alla sede del giornale dove lavora il mio amico.
Mi abbandono al canto e all’abbraccio delle sirene.
*”Guardo il fiume il mio cuore non corre più.
Sono confuso come un bimbo appena nato
sono sbattuto dalle acque
devo resistere in mezzo ai frangenti
devo giacere con la morte mia sposa?
Ascoltami cantare
nuota da me lascia che ti avvolga
sono qui
aspettando di poterti abbracciare.”
Nella borsina c’era anche il mio manoscritto caso mai il mio amico avesse voluto leggerlo tra un biscotto e un sorso di vino bianco.
Una fiammata nella notte di fine novembre per scaldare le mani non certo il cuore, forse barchette di carta sul fiume verde.
* Song to the siren , Tim Buckley.