4 . LA POZZA DEL LUPO
Anna seduta sul sedile posteriore della Seicento bianca teneva la testa bassa, forse per nascondere le lacrime, forse per non vedere le nostre facce tristi , sicuramente per non contrariare quel suo papà sconosciuto, materializzato dopo tanto tempo. Solo quando la macchina arrivò in fondo al cortile si girò indietro stampando sul vetro del finestrino posteriore il palmo della mano.
Via!.
Marietta in cucina ed io di corsa nel frutteto sul mio ramo di mandorlo.
Anna verrà.
Non la tengono con loro, la mandano in un collegio.
Anna verrà forse a Natale.
Forse a Pasqua….alle vacanze estive…
forse a Natale, forse a Pasqua, forse nelle vacanze estive.
Anna verrà…
Non venne più Anna, per me era cominciato il tempo di giocare al pallone con gli amici, un altro mondo e modo di vedere le cose, cambiò tutto.
Cinque anni dopo frequentavo la seconda media nel paese vicino pedalando ogni giorno fino alla scuola sulla mia Chiorda rossa.
Sul monte ci andavo da solo, il ricordo di Anna divenne sempre più opaco e cominciò a sfarinarsi come le foglie di castagno, autunno dopo autunno i ricordi si rimpicciolivano mentre io cominciavo a diventare grande.
Il mio corpo stava cambiando.
I discorsi maliziosi degli amici del pallone e dei compagni di scuola mi avevano iniziato alle novità del sesso ma non ne ero ancora coinvolto, la mia fantasia navigava ancora nei mari tra le nuvole.
Avevo quasi dimenticato Anna e sua nonna come se non esistessero più, fino a quel giorno di fine luglio nel bosco.
Dopo i temporali estivi, ricordando un insegnamento della mia maestra dei boschi- l’umidità sulla terra scottata farà saltar fuori i porcini dalle foglie- mi infilai tra i castagni e il bruck alla ricerca dei funghi dal caratteristico profumo.
Non c’era anima viva come al solito in quei luoghi.
Scendendo a valle assistetti ad una scena che scombussolò la mia vita.
Marietta più in basso sulla stradina che fiancheggia il monte si stava dirigendo verso quella che chiamavamo- la pozza del lupo- un invaso dove fluisce l’acqua delle pendici del monte per poi proseguire in un canaletto che la porta a disperdersi nei campi circostanti.
Faceva molto caldo quel giorno, indossavo solo un paio di calzoncini oltre ai sandali, la canottiera avvolta come un turbante attorno alla testa poichè avevo dimenticato il cappello a visiera.
Probabilmente anche la donna aveva patito la calura di quel pomeriggio, giunta presso la pozza d’acqua limpida e scorrevole in un batter d’occhio alzò le gonne fino alla cintola e si immerse nell’acqua a rinfrescarsi e lavarsi le gambe. Non aveva cambiato le sue abitudini , non portava niente sotto.
Non avevo mai visto una donna nuda così, il ricordo di quel che avevo visto sotto la scala era niente al confronto.
Le mani che accarezzavano i polpacci e le cosce e poi più su in quel momento avrebbero voluto essere le mie. Acquattato dietro a un cespuglio non riuscivo a distogliere gli occhi dalla scena. Un nudo di donna! Sentivo ronzare il capo , tutto il mio sangue si era spostato a metà del mio corpo.
Quando Marietta se ne andò rimasi lì mezzo stordito a fantasticare su quel che avevo visto . Portai a casa quella scena che non voleva saperne di lasciarmi in pace, durante il giorno, nel sonno e nel dormiveglia: un ‘ossessione.
L’immagine di quel corpo aumentava in me una passione ardente, la accarezzavo, lisciando la pelle olivastra le mie dita affondavano in quella carne, appoggiavo la mia testa sul suo seno, mi sdraiavo accanto a lei, sentivo il suo corpo fresco, tiepido, caldo, accostavo la bocca baciando quella scultura di marmo che si ammorbidiva ad ogni forma di contatto, mi immergevo nel piacere toccando più volte l’oggetto del mio desiderio e mi strusciavo eccitato sul lenzuolo finché per la prima volta il seme maturo sgorgò in piccoli grani di piacere sulle mie braghette di tela.
Dopo qualche giorno Anna arrivò da Milano.
segue….