
- GEROLAMO E NATALE
1915. Fa molto freddo nelle lunghe notti nebbiose d’inverno. Il vento sferza i ghiaccioli che pendono dalla grondaia prima di insinuarsi tra le imposte sconnesse della casa di campagna. Gerolamo lo sente. Non ha fratelli, il ragazzo dorme da solo, rannicchiato nel grande letto che era stato il talamo dei nonni. Il materasso non è di lana, le brattee secche delle pannocchie riempiono l’interno del sacco di tela. Le coperte sono pesanti ma non scaldano. Il sonno è scandito dal rintocco del campanile che a volte nella notte dimentica di suonare le ore.
Seduto sugli ultimi gradini della scala sotto al portico, mangia pane scuro, cotto nel vecchio forno a legna; non valgono le grida della mamma che lo trascina dentro quasi a forza perché quello è un lusso che non tutti possono permettersi di questi tempi.
Un sasso gli cade vicino ai piedi, un altro lo colpisce al una spalla, alza lo sguardo verso il fondo del cortile; un coetaneo da poco arrivato nel borgo con altre famiglie di braccianti in cerca di lavoro lo ha preso di mira. Gli corre incontro deciso. Lo affronta pronto a colpirlo con un pugno. L’altro non si muove, i suoi occhi fissano la pagnotta, non ha niente da mangiare. La fame è spartita. I due mocciosi diventano amici inseparabili.
Prima di comparire dietro le maglie arrugginite della recinzione, l’arrivo di Natale è annunciato da un fischio potente. Gerolamo si libera in fretta delle scarpe per non consumarle, e via di corsa a rompicollo sulla stradina di sassi in discesa, i due amici attraversano la barriera di biancospino per raggiungere il bosco. Gli sterpi della siepe graffiano le gambe e le braccia, i due monelli coi calzoni abbassati si disinfettano le ferite irrorandosi a gara con liquidi archi gialli. Poi si stendono sull’erba pancia all’aria per ammirare le rondini che sfrecciano il cielo, per dare un nome alle forme delle nuvole, per condividere sogni ad occhi aperti. Il fischio è il loro richiamo d’intesa. Gerolamo impara dall’amico a fischiare con le mani. Preme, una contro l’altra le punta dell’indice e del pollice formando un anello, lo posa sulle labbra, vi appoggia sopra la lingua rivolta verso il palato, stringe le labbra protese sui denti per creare l’unico spazio per fare uscire il fischio, e dopo un respiro profondo soffia con energia spingendo l’aria fuori dalla bocca.