Perché questa commozione improvvisa?”

«La poesia è il desiderio di pronunciare la propria vita, di segnalare il dolore, di festeggiare l’amore non più in isolamento e solitudine, è l’aspirazione a rompere la pri-gione dell’io e della quotidianità per comunicare la pro-pria anima. È necessario tenere dentro di sé sempre la fiammella della poesia, la scintilla della fiducia, il germe della speranza, anche quando si è immersi in un’esisten-za grigia, in un lavoro non amato, in difficoltà economi-che, in problemi familiari. Il «piccolo verso» è la capacità di essere veramente persone che non vivono di solo pa-ne ma anche di parole tenere, di affetti, di bellezza, di spiritualità».

Renata apre la borsa, estrae una busta da lettere, una di quelle che Stefano le ha regalato, gliela consegna dicen-do: «Questo è il mio primo messaggio per te, non aprirla ora, non ho scritto niente altro che le stesse parole della poesia che ho appena recitato, conservala».

Nell’aria riecheggia il canto allegro di richiamo di un’al-lodola alla compagna. C’è un nido da costruire. Si in-camminano mano nella mano.

Il plaid scozzese steso sull’erba colorata d’inverno tra gli ulivi, una bella vista tutta attorno, qualche barca sul lago. Hanno mangiato in silenzio, non c’è stata l’allegria del pranzo di nozze. Stefano le chiede:

«Le parole della poesia hanno velato di malinconia que-sta giornata. Cosa c’è, vuoi dirmi qualcosa».

Lei guarda le strisce bianche dell’aereo che ha solcato l’azzurro; allungata sull’erba, con il capo appoggiato sul petto del ragazzo che le inanella i ricci neri, gli prende la mano amata, la mano che l’ha strappata dalle ombre, la mano innocente che l’ha trascinata nella pericolosa fio-ritura di un nuovo cammino.

«Se per un qualsiasi motivo, la nostra storia si dovesse interrompere diresti che ne è valsa la pena?».

Lui non la lascia continuare: «Temevo che prima o poi avremmo dovuto affrontare questo discorso e spero che la tua sia solo una supposizione, comunque quando ho cominciato a conoscerti mi sono detto che non dovevo farmi illusioni cominciando a costruire castelli di carta tra le nuvole; ho pensato che il migliore modo d’amarti doveva essere sostenuto dalla consapevolezza di poterti perdere e così ad ogni incontro mi sono comportato co-me se fosse l’ultimo. Ce l’ho messa tutta, sono stato vero, attimo dopo attimo, senza maschere né travestimenti, sempre.sincero. Lo so che tra noi si interporranno osta-coli difficili da superare, ma è meglio avere amato e per-duto che non avere amato. Se fossi stato io il più grande e tu più giovane, ti avrei amata così?. Se fosse stato tutto più semplice, se la nostra storia non avesse dovuto stare nascosta all’interno di uno studio ti avrei amata così?. Se la catena che ci lega non fosse così tenace ti avrei amata così?. Ricordi il primo bacio sotto il vischio. Ero convin-to che non sarei mai riuscito a baciare una donna; perfi-no i miei amici mi prendevano in giro: “Sempre ciao, sempre ciao e i baci quando” ed invece è stato facilissi-mo, in quel preciso istante era scritto così nelle pagine della nostra storia. Ora siamo qui, insieme, se sei serena come lo sono io in questo momento, non pensare al do-mani, non pensare a niente, dammi un bacio».

Il sole scalda le due allodole nel nido tra i cipressi silenti del parco, un balcone d’erba che si affaccia sul teatro del lago.

Renata in silenzio ha goduto di un corpo che l’ha im-mersa nel fiume inebriante nel quale vorrebbe annegare per sempre, una ribellione di vita in baci che aveva sem-pre desiderato. Quando il tempo chiude a chiave la porta si ridesta dal sogno, un nodo in gola le riporta la consa-pevolezza che quel mondo idilliaco non le appartiene, non c’è nessuna speranza che tutto si sistemi diversa-mente, la loro storia non può continuare. Il giorno è pas-sato e il sole sta per affogare nel mare del tramonto in-sieme alla conquista della rara scoperta di un’anima sen-za impronte.

Sulla strada del ritorno non entrano in città, proseguono perchè lo vuole accompagnare fino al paese per stare an-cora un poco con lui.

Giunti alle prime case Stefano le dice: «Accosta, scendo qua, ci sono troppi ficcanaso, qui ci conosciamo tutti, non vorrei che qualcuno andasse a dire a mia madre che mi ha visto in macchina con una donna. Ci vediamo martedì alla solita ora».

«Va bene, non destiamo sospetti. Aspetta ho dimenticato di dirti che per una settimana sono a Bologna. È da tem-po che i miei non si fanno sentire, e sono preoccupata, vado da loro, quindi martedì non ci sarò, rimandiamo di una settimana».

«D’accordo, ciao, ti voglio bene».

Si stringono la mano, lei non la vuole lasciare, la stringe forte e la bacia. Un ultimo sguardo al ragazzo che con un sorriso si congeda: «Una settimana sembrerà una vita in-tera, a presto Renata». La lascia partire e poi si gira.

L’auto corre incontro all’ombra nera dei monti della Maddalena fino a diventare un punto lontano, irraggiun- gibile, una lunga distanza incolmabile. Una nuvola scura copre una dopo l’altra le stelle del firmamento, stelle di vetro che cadono frantumandosi.

6 pensieri su “Perché questa commozione improvvisa?”

  1. sempre più intensa questa storia …le allodole hanno nidi d'amorehanno poesia nelle alie sulle stelle ci sono baci di piuma…grazie caroa prestogià…una settimana passerà in frettaper poterti rileggere

  2. faustoda una distanzza infinita ti rileggo ancora, e sempre con lo stesso stupore: riesci a dare vita ai ricordi, li rendi con efficacia e immediatezza.la cosa che più mi colpisce di te, però, è la verità che si avverte, questo tuo narrare con semplicità di avvenimenti che molti benpensanti criticherebbero.il perbenismo di ritorno non fa per te, ed è questo che ho sempre ammirato nei tuoi scritti.grazie della tua presenzaun abbracciocri

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