Mary Bloody Mary

L’Associazione Culturale PescePirata, in occasione della festa della donna, ha proposto un concorso letterario che ha come protagoniste proprio le donne. Ma non donne qualunque, no. Donne arcigne, combattenti. Donne incazzate, che non si piegano, che non ci stanno ad abbassare la testa. Donne fiere di esserlo, che pretendono i loro diritti (e se li prendono).

Questo è il mio racconto:

Mary Bloody Mary

Nel paese incantato dei sogni le creature delle favole escono dai libri per recarsi alla reggia di King Cole. Nella sala dei banchetti il pifferaio magico, i tre porcellini, Little boy blue, Cappuccetto Rosso, la Regina di Cuori, Hunpyy Dumpty e tutti gli altri fanno a gara per presentare numeri e spettacoli fino allo scoccare della mezzanotte. All’ultimo tocco, quando tutti i protagonisti sono andati a letto, chi conosce la voce del silenzio può sentire i passi vestiti di rosso barcollare per strada e il vento che urla: “Play me my song , Mary, Bloody Mary”.

Da qualche parte una bambina sta piangendo. Da qualche parte un bambino ha perso la testa.

Una scopa spazza via i pezzi rotti della vita di ieri; Cynthia Jane De Blaise-William entra nel Musical Box per il solito cocktail.

Quattro grosse prese di sale sul fondo dello shaker, due di pepe nero, due di pepe di Caienna, uno strato di salsa Worcestershire, una spruzzata di succo di limone, ghiaccio tritato, due once di vodka e due di spesso succo di pomodoro. Henry Hamilton-Smythe dietro al bancone scuote lo shaker, filtra e versa la bevanda insanguinata nel highball, vi infila una stecca di sedano, lo porge all’amica, la guarda e dice: “Ciao cara, è un po’ di tempo che non vedo la tua faccia. Hai finito di stare in galera per causa mia? Sei sempre la solita bambina viziata? Ciao, ho detto ciao, perchè non mi rispondi? Questo è l’unico posto dove puoi incontrarmi. Sono l’unico uomo che hai mai avuto, mi correggo, che avresti potuto avere se fossi sopravvissuto ai tuoi colpi di testa. Siamo una bella coppia tu ed io, su quest’isola nel mare dell’oltre. Ti voglio amare per sempre, non ti lascerò mai. Apri il tuo cuore e lascia scorrere i sentimenti. Non sei stata sfortunata a incontrare me. Ho sbagliato il primo passo e tu mi hai subito rubato la scena scaraventandomi dietro le quinte o meglio ancora, nella botola del suggeritore.

Il mondo attraverso il bicchiere è un campo di croquet che si perde a forma di triangolo isoscele in lontananza nell’orizzonte. L’erba del prato è rasata a fasce longitudinali, bicolori per l’alternanza del senso del taglio.

Nella battaglia tattica si gioca con quattro palle, Blu e Nero contro Rosso e Giallo; lo scopo del gioco è quello di segnare punti facendo passare con un colpo di mazza una palla sotto gli archetti disposti a formare il percorso, al termine del quale si deve colpire un picchetto al centro del campo.

Ma non sempre si gioca in questo modo.

Oltre il vetro del cocktail rosso le palle del gioco sono sostituite dalle teste di tanti piccoli Henry.

Cynthia quando aveva nove anni giocava con Henry. L’abilissimo, dispettoso e antipatico coetaneo ogni volta che segnava un punto la sfotteva e le tirava i capelli; una volta le mise le mani addosso e le strappò la catenella d’oro che portava al collo. Da quel giorno crebbe nella ragazzina la sensazione che il suo compagno la guardasse in modo strano, come un arciere pronto a colpirla con la sua freccia. Quando lo sentì dire : “Il mio uccello vola in alto, scivola tra le mie mani, prendilo, toccalo” alterata più del solito brandì con gran forza la mazza di legno e con un colpo spettacolare staccò la testa dal collo del suo avversario facendola ruzzolare nella porta arcuata. A chi la interrogava sul misfatto, la piccola con estremo candore rispondeva: “Lui continuava a dire che con la sua testa poteva centrare ogni bersaglio; penetrare in ogni fessura. Non ho fatto altro che assecondare il suo desiderio”.

Due settimane dopo la tragedia, la bambina, ribattezzata Bloody Mary dalle male lingue, rovistando tra i giocattoli nella cameretta di Henry alla ricerca della propria preziosa catenella scoprì il carillon. La memoria registrata sul cilindro metallico mettendo in vibrazione le lamelle riproduceva una vecchia filastrocca:

“Old King Cole era una vecchia anima allegra, voleva la sua pipa, voleva il suo arco e voleva i suoi tre violinisti”.

Dalla scatola decorata uscì una piccola figura di spirito: Henry era tornato. Roteando a tempo di musica, il suo corpo iniziò rapidamente ad invecchiare. Il piccolo protagonista tornato dall’aldilà sotto forma di un vecchio lascivo cercava invano di soddisfare sulla ex-compagna di giochi le pulsioni carnali represse da una vita interrotta.

Cynthia sorseggia, mastica il sedano, carica la molla dello strumento musicale; un solo giro perchè la vita di Henry dura tutto il tempo della filastrocca. “Il mio uccello vola ancora in alto. Hai creduto che volessi farti del male e invece volevo solo insegnarti ad amare, legarti a me come la catena che brillava sul tuo piccolo seno e che ora tieni nascosta sotto il cuscino. Ora sei una donna, hai il tempo dalla tua parte. Fatti vedere in viso, tira indietro i capelli, lascia che conosca il tuo corpo. Sto aspettando qui ogni volta. E tutto il tempo che è passato sembra quasi non avere importanza ora se te ne stai lì con il tuo sguardo fisso dubitando di tutto ciò che ti dico. Perché non mi tocchi. Toccami.Toccami. Ti voglio ora”.

Il bicchiere è vuoto, il carillon sta terminando la sua corsa.

Il vento riporterà i nomi che ha soffiato nel passato?.

Cynthia sussurra: “No, questa è l’ultima volta”. Scaglia il bicchiere contro il vetro della finestra. La musica è finita e il vento non soffia più. Henry non tornerà.

Ma tu che leggi se vuoi sentire la canzone di Old King Cole, devi fare girare sul piatto il disco dei Genesis: la voce di Peter Gabriel ti trasporterà sul campo di croquet nel bucolico paesaggio al tramonto del sole dipinto da Paul Whitehead e poi…puoi sempre scegliere di naufragare nel mare insanguinato di un Bloody Mary.